Sentiamo spesso parlare di “Supertuscan”. Ma che tipo di vino è? Qual è l’origine di questo termine e cosa significa realmente? In questo post scopriremo l’interessante storia di questo stile di vino che ha cambiato il panorama della vinificazione italiana, lanciandola nell’Olimpo dei grandi produttori di vini del mondo.
Una prima definizione semplificata del termine Supertuscan potrebbe essere: ” I vini rossi della regione Toscana, prodotti con uve o tagli di uva, non – nativi o tipici”.
Mentre, in una più ampia interpretazione, si tendono a considerare Supertuscan tutti i vini della regione, che per qualsiasi motivo (area geografica, resa, metodi di vinificazione e / o di maturazione, ecc …) non rientrano nel relativo discilpinare, ossia nelle normative che regolano la produzione delle corrispondenti denominazioni di origine.
La storia inizia con il coraggio di alcuni produttori toscani, che, sfidando la legislazione locale e la diffidenza dei consumatori, sono riusciti a creare un’ impronta, un punto di riferimento del vino italiano e uno stile che è divenuto di culto in tutto il mondo.
Intorno al 1940, il Marchese Mario Incisa della Rocchetta , appassionato di cavalli da corsa (di cui allevava alcune razze) e di vini francesi, decise di realizzare il sogno di realizzare un vino, anche’esso, di razza. Dopo aver notato similitudini geografiche e climatiche tra la zona della Maremma Toscana con quella di Graves (Bordeaux), importò da Chateau Lafite (dell’amico Elie Rothschild), alcuni cloni di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc; queste uve furono piantate nella Tenuta San Guido e dopo una curata e attenta coltivazione, nel 1942 furono pronte le prime bottiglie di Sassicaia . All’inizio il vino veniva prodotto esclusivamente per il consumo familiare, mentre il primo raccolto da commercializzare arrivò solo nel 1968.
Ispirato da questo esempio, il Marchese Piero Antinori (cugino di Mario Incisa della Rocchetta), la cui famiglia produceva vino da oltre 600 anni, decise di spingersi oltre e modificò il processo di vinificazione del suo Chianti, aggiungendo al Sangiovese (vitigno tipico locale ed uva italiana più emblematica) un taglio di Cabernet Sauvignon e Merlot. Così nacque il Tignanello , che può essere considerato il primo vero Supertuscan con l’Italia nel pedigree, dal momento che il Sassicaia era un assemblaggio di sole uve francesi.
La consacrazione definitiva del genere avvenne quando il celebre critico americano Robert Parker, in una degustazione alla cieca, attribuì 100/100 punti al Sassicaia del 1985, convinto che fosse un Mouton-Rothschild 1986.
Da quel moneto in poi, quindi diversi produttori iniziarono ad imitare questo stile, introducendo anche altre uve internazionali come Syrah e Petit Verdot. Tutti grandi vini, ma poiché utilizzavano uve non consentite dal disciplinare, non potevano essere classificati come DOC (Denominazione di Origine Controllata) e finivano per ricever quindi l’indicazione “Vino da Tavola”, la denominazione più in basso nella “piramide” della classificazione italiana.
Si era creata pertanto una paradossale situazione in cui nella stessa classificazione “Vino da Tavola” si trovavano dei vini molto semplici (a volte approssimativi) e dei grandissimi vini da fare invidia ai più blasonati chateaux francesi.
Per ovviare a questo possibile equivoco, i critici internazionali, entusiasti di questi nuovi vini, cominciarono a chiamarli Supetuscan*, proprio per distinguerli dagli altri rossi di qualità inferiore che recavano in etichetta la dicitura “vino da tavola”.
In seguito le cose sono leggermente migliorate con l’introduzione della denominazione IGT (Indicazione Geografica Tipica) che li ha un po’ abbracciati tutti. In alcuni casi hanno addirittura ottenuto la propria DOC, come il Sassicaia, mentre altri sono entrati nella denominazione di origine di Bolgheri Superiore. Ma il problema esiste ancora e sono in sono in fase di valutazione alcune proposte volte a creare una nuova denominazione unica che copra tutti i Supertuscans.
Oggi abbiamo fondamentalmente tre categorie di supertuscan: quelli fatti di Sangiovese e/o altri vitigni autoctoni (ma non in norma per le DOC e DOCG), quelli realizzati con assemblaggi di uve locali e vitigni internazionali, e quelli prodotti esclusivamente con uve internazionali.
*Probabilmente il primo ad usare il termine fu James Suckling, fondatore della rivista Wine Spectator